Il 20 giugno scorso è stato inaugurato a Faenza (Ravenna), all’interno dello stabilimento Caviro Extra, l’impianto produttivo di una nuova tipologia di fertilizzante naturale: l’ammendante compostato da scarti della filiera agroalimentare (Acfa).
Rispetto ai concimi chimici, tale prodotto ha un costo contenuto e fornisce un apporto di sostanza organica e nutrienti ai terreni. L’impianto, frutto di un investimento di circa 8,5 milioni di euro, ha una capacità produttiva di circa 50.000 tonnellate annue ed è di proprietà di Enomondo, società partecipata da Caviro Extra e Herambiente.
Per il 2022 si stimano possano uscire dallo stabilimento faentino complessivamente oltre 130.000 tonnellate di prodotti fertilizzanti destinati all’agricoltura, di cui 75.000 costituite dalle tre tipologie di ammendanti: ammendante compostato misto, ammendante compostato verde e Acfa. «Questo nuovo impianto offre un ulteriore servizio agli agricoltori e ai soci del Gruppo Caviro – ha spiegato Sergio Celotti, amministratore delegato di Enomondo –. In un contesto mondiale di aumento considerevole dei prezzi dei fertilizzanti e di una loro scarsa disponibilità, mettiamo a disposizione un prodotto naturale, a basso costo, ottenuto dagli scarti della filiera agroalimentare. È un processo che perfeziona la nostra economia circolare, perché restituisce valore alla terra e alla vigna».
L’impianto funziona al chiuso. All’interno delle navate della struttura vengono formate corsie composte da sfalci, potature e digestato proveniente dagli impianti di digestione anaerobica di Caviro Extra dedicati alla produzione di biogas, che vengono periodicamente rivoltati da una grande macchina «rivolta cumuli». Questo processo consente l’aerazione del prodotto e ne agevola la naturale fermentazione.
Alla fine il prodotto osserva un periodo di curing e in seguito viene vagliato e approntato per la spedizione. «L’intero processo di produzione avviene sotto costante aspirazione – ha aggiunto Giovanni Ferrucci, responsabile commerciale di Enomondo –. L’aria viene poi inviata a dei grandi biofiltri per ridurre le emissioni odorose, un impegno che Caviro ha preso con il Comune di Faenza».
I test per la produzione dell’Acfa sono stati avviati nel 2017, nell’ambito di un progetto seguito dall’Università di Bologna e condotto presso i terreni della Fondazione Navarra di Ferrara. I risultati incoraggianti hanno portato ad avviare l’iter di approvazione di questa nuova tipologia di ammendante da parte del Ministero delle politiche agricole e dallo scorso 31 maggio l’Acfa è stato ufficialmente riconosciuto. «Le prospettive per il futuro – aggiunge Ferrucci – sono buone: l’impianto è predisposto per aumentare la produttività a 80.000 tonnellate l’anno, per andare incontro alle crescenti richieste del mercato. Per il momento l’ammendante si ritira sfuso, ma stiamo già valutando l’avvio della produzione in pellet per facilitare il trasporto e l’utilizzo del compost su determinate colture».
Le prove in campo mostrano che, se utilizzato nel lungo periodo, l’Acfa consente una riduzione di fertilizzante chimico anche del 50%. «Dopo 4 anni di sperimentazioni abbiamo ottenuto un prodotto eccellente, talmente stabilizzato che raggiunge parametri di qualità perfetti in 30 giorni di fermentazione, anziché nei consueti 90 – ha concluso Celotti –. È un prodotto che viene dalla vigna e alla vigna torna, ne rigenera il suolo, consentendo anche alle nuove piante di crescere più sane e con migliori caratteristiche organolettiche».
Sostenibilità secondo Caviro
Si arricchisce così di un ulteriore tassello l’economia circolare del Gruppo Caviro, che da molti anni sta valorizzando gli scarti della filiera agroalimentare per trasformarli in energia, prodotti nobili e biocarburanti. Nella stessa sede, nel 2019, è stato inaugurato un impianto per la produzione di biometano avanzato a partire dalla fermentazione in assenza di ossigeno di materiali residui dell’industria di trasformazione alimentare (tramite un processo di digestione anaerobica).
Tale impianto permette di separare l’anidride carbonica dal biogas, ottenendo così un biometano purissimo, certificato come fonte di energia sostenibile, che viene immesso nella linea nazionale Snam. Come scarto di lavorazione del processo, si ricava un digestato di fanghi e acqua, che è il composto principale da cui si ottiene proprio l’ammendante Acfa.
L’impianto di biometano nel 2020 è stato protagonista di un ulteriore upgrade, per cui ora la CO2 in uscita viene recuperata e purificata: circa 7.000 tonnellate liquefatte all’anno che vengono risparmiate all’atmosfera e diventano risorsa per il mercato alimentare.