Una leggera ripresa sul fronte delle superfici alla quale non è corrisposto un aumento della produzione. Anche per il 2019 il mais italiano arranca e resta più o meno stabile attorno ai 630.000 ettari, mentre paesi come la Spagna e la Romania stanno andando avanti a vele spiegate.
Ormai da diversi anni la tradizionale «Giornata del mais» organizzata dal CREA CI di Bergamo è l’appuntamento di rito per fare il punto sui numeri della crisi di questa coltura e «il 2019 è stato l’anno dei record negativi – ha evidenziato Dario Frisio, economista agrario dell’Università di Milano – l’import della granella ha superato i 6 milioni di tonnellate portando il nostro tasso di autoapprovvigionamento al 55%».
Quest’anno, coincidente con i 100 anni del Centro di ricerca di Bergamo, è emerso anche un segnale di speranza per i maiscoltori: entro fine mese, infatti, verrà varato in conferenza Stato Regioni il Piano maidicolo nazionale «un documento di programmazione ed indirizzo congiunto sotto il profilo tecnico tra gli esperti della filiera, del ministero e delle regioni – ha detto il dirigente del Mipaaf Pietro Gasparri – che conterrà diverse indicazioni per il rilancio della produttività e della redditività di questa coltura. Grazie a questo documento i futuri PSR – ha aggiunto – potranno sicuramente essere più facilmente indirizzati al mais».
Il punto sulle micotossine
La sanità è un altro argomento decisamente caldo per gli operatori, oltre a superfici e produzioni, e Sabrina Locatelli, del CREA CI di Bergamo, ha evidenziato i primi dati relativi alla contaminazione da micotossine del raccolto 2019: «che è stato decisamente l’anno delle fumonisine: sebbene ancora parziali i dati raccolti evidenziano infatti che il 77% dei campioni presenta contaminazioni di FBs superiori al limite 4.000 μg/kg, valore limite per l’utilizzo della granella di mais a uso alimentare diretto (regolamento CE, 2007). Sul fronte aflatossine la media della contaminazione, 10% dei campioni superiori a 20 μg/kg, è in linea con quella degli scorsi anni».
Le potenzialità della genetica
La giornata 2020 è stata incentrata soprattutto sulle strategie per il rilancio del mais, e in questo senso le risorse genetiche rappresentano la potenzialità principale, dalle relazioni di Elisabetta Frascaroli (Distal, Università di Bologna), Roberto Pilu (Disaa, Università di Milano) e Hans Hartings (CREA CI), è infatti emerso come la genetica, e la sua evoluzione, saranno in grado di adattare il mais ai cambiamenti climatici e alle nuove richieste del mercato.
Sempre su questa linea, quindi, si conferma l’importanza della sperimentazione nazionale degli ibridi di mais, che nel 2019 ha messo a confronto 45 ibridi da granella di classe Fao 500, 600 e 700, 6 ibridi appartenenti alla classe Fao 300 e 13 alla classe Fao 400 e, per la destinazione da trinciato, 19 ibridi tardivi di classe 700 e 4 ibridi medio-tardivi di classe 600.