Dopo i surplus produttivi degli ultimi due anni, la campagna 2018 del pomodoro da industria sarà scarsa, anche se di qualità. La contrazione della produzione, che riguarda i principali produttori mondiali – a eccezione della California – , non è però da leggere in chiave negativa, perché potrebbe creare le condizioni per un riequilibrio della domanda e dell’offerta. È quanto emerso il 2 agosto scorso nella conferenza stampa di Conserve Italia per celebrare i 50 anni dello stabilimento di Albinia (Grosseto), ripartito di slancio dopo i pesanti danni subiti nell’alluvione del 2012.
Secondo le previsioni del presidente di Conserve Italia, Maurizio Gardini, «la produzione italiana dovrebbe attestarsi ampiamente sotto i 50 milioni di quintali, con una forbice tra i 46 e i 47 milioni». Il calo «dovrebbe determinare una “pulizia” dei magazzini, consentire un riequilibrio del mercato e un miglioramento del prezzo».
«Gli ultimi anni – ha spiegato Gardini – sono stati caratterizzati da una grande produzione e hanno determinato degli stock a livello mondiale. La crisi di prezzo dei prodotti base e dei semilavorati ha portato i listini al minimo storico degli ultimi decenni. Ciò ha indotto molta cautela nella programmazione del pomodoro». A questo si aggiunge una stagione meno generosa rispetto allo scorso anno, a causa delle piogge che in Toscana allungheranno la campagna di trasformazione fino alla fine di settembre.
Materia prima italiana e nuovi prodotti
Intanto la campagna è già entrata nel vivo nei 5 stabilimenti del gruppo cooperativo, tra Emilia-Romagna, Toscana e Puglia.
Per l’occasione sono stati assunti 1.200 stagionali. Saranno 350.000 le tonnellate di pomodoro lavorate, di cui più della metà nello stabilimento di Pomposa (Ferrara), il più grande d’Europa e 67.000 ad Albinia. Si punta su innovazione e qualità, per valorizzare la materia prima 100% italiana attraverso i brand Cirio e Valfrutta. A questi si affianca da quest’anno Pomodorissimo – Santa Rosa (in concessione d’uso da Valsoia), che viene lavorato ad Albinia con tecnologie in grado di mantenere il sapore del pomodoro fresco.
Quello di Albinia è un impianto caro al gruppo cooperativo: oggi lo stabilimento punta su una produzione top quality dei derivati del pomodoro (passate e polpe) made in Maremma e dà lavoro a 44 dipendenti fissi e 340 stagionali, generando sul territorio 7 milioni di euro di indotto.
«Dopo l’alluvione del 12 novembre 2012 siamo ripartiti praticamente da zero – ha spiegato il direttore dello stabilimento, Enzo Rossi – riuscendo ad arrivare puntuali per la lavorazione dell’annata successiva. Qui non è rimasta una macchina che non sia stata smontata, revisionata e sostituita, con un investimento complessivo di oltre 10 milioni di euro, solo per la ristrutturazione dello stabilimento. Altri 10 milioni di danni li avevamo subiti sul prodotto finito, perché l’alluvione ci ha trovato con i magazzini pieni».
«Oggi – ha detto Rossi – lo stabilimento è uno degli impianti con le attrezzature più moderne nel campo della trasformazione del pomodoro, sia per gli aspetti qualitativi, sia per la sicurezza alimentare». Ogni anno qui si investe in innovazione da 800.000 a 1 milione di euro. Numerose le tecnologie introdotte: per il controllo elettronico e radiografico delle bottiglie; per il risparmio idrico (–30% dei consumi in 5 anni) ed energetico. Oltre agli investimenti per l’ottimizzazione dell’impianto e le numerose certificazioni, tra cui quelle per il bio e quella ambientale Emas.
Dal 2013 al 2017 la quantità di pomodoro trasformata nel sito è cresciuta del 32%; l’obiettivo è arrivare a raggiungere la capacità produttiva di 85 milioni di tonnellate.
Nuovi investimenti
«Dopo aver coperto i costi per la ricostruzione, Conserve Italia – ha aggiunto Gardini – continua a credere fortemente in uno stabilimento strategico per il gruppo, come quello di Albinia: nel 2018-2019 sono previsti investimenti per 1 milione di euro destinati ad aumentare le potenzialità produttive, con interventi di ampliamento del magazzino e ammodernamento tecnologico delle linee di lavorazione».
Export e aste a ribasso
Tra i punti affrontati, anche l’export, che ha bilanciato il calo dei consumi interni dell’ultimo anno (–5%): «Stiamo tenendo le posizioni anche grazie alla capacità di attivare politiche per prodotti a marchio. Puntiamo fortemente su Cirio, che è il nostro cavallo di battaglia, cresciuto moltissimo negli ultimi 7-8 anni». Non è mancato infine il riferimento di Gardini alle pratiche scorrette come le aste al ribasso «che hanno determinato negli ultimi anni uno sbilanciamento del potere contrattuale, fortemente in mano ad alcune catene che agiscono in questo modo», augurandosi che la politica sappia intervenire in tal senso.