Berti Macchine Agricole ha riunito, il 10 e 11 maggio scorsi presso la propria sede di Caldiero (Verona), fornitori e clienti per celebrare i 60 anni dalla fondazione e l’inaugurazione del nuovo polo logistico e produttivo che si aggiunge a quello già esistente.
L’azienda veronese, che occupa 75 dipendenti, costruisce trinciatrici per l’agricoltura e il settore forestale, trinciastocchi, rasaerba, zappatrici, erpici e interrasassi oltre ad una linea professionale di decespugliatori idraulici; le macchine a listino sono oltre 500. Nel 2018, dalle linee produttive sono uscite 5.300 attrezzature, il fatturato è stato di 27,3 milioni di euro, il 65 % dei quali generati dalle esportazioni in tutti i continenti.
Il nuovo centro logistico e produttivo, dove sono concentrate tutte le attività di assemblaggio, verniciatura, aree test di controllo e spedizione ha richiesto un investimento di poco superiore ai 16 milioni di euro, altri 3 sono previsti nei prossimi due anni per completare il progetto che prevede anche la costruzione di un magazzino per il ricevimento della materia prima attualmente stoccata al di fuori dell’azienda. Con questo ampliamento la superficie complessiva dell’azienda ha raggiunto i 38.000 metri quadrati, 20.000 dei quali coperti.
Oltre alle strutture e agli impianti produttivi il programma di rinnovamento e ampliamento aziendale ha coinvolto tutte le fasi produttive, dal ricevimento dell’ordine e fino alla spedizione del prodotto, che sono ora tracciate seguendo le regole dell’Industria 4.0. Un altro obiettivo della società è quello di ottenere entro il 2020 la certificazione ambientale 14001.
“Siamo cresciuti molto negli ultimi anni – ha detto Filippo Berti titolare dell’azienda assieme alla sorella Alessandra che è anche responsabile delle risorse umane – e per questo dobbiamo ringraziare nostro padre Mario, scomparso due anni fa, che ci ha dato fiducia e ci ha sempre incoraggiato ad andare avanti”. “Qualche anno fa – ha ricordato Alessandra ci sarebbe stata la possibilità di delocalizzare la produzione ma nostro padre ci disse che il lavoro doveva rimanere qui in Italia dove si fa la qualità”.
Marco Limina