La gestione delle micotossine nei mangimi destinati agli allevamenti richiede un approccio scientifico, integrato e preventivo.
Dell’argomento si è discusso il 6 marzo scorso a Caramagna Piemonte (Cuneo), in un convegno organizzato da Veronesi, leader nella produzione di mangimi per ogni specie animale, con una produzione annua di oltre 3 milioni di tonnellate.
Amedeo Reyneri dell’Università di Torino ha affrontato il tema della contaminazione da micotossine nel mais nazionale, sottolineando come il cambiamento climatico stia modificando le condizioni di rischio e influenzando la presenza delle principali tossine nei raccolti. Reyneri ha evidenziato tre principali vie di contaminazione: l’assorbimento radicale del fungo, la penetrazione attraverso le sete durante la fioritura e la diffusione tramite insetti vettori, in particolare la piralide.
Per Reyneri uno degli aspetti più preoccupanti riguarda l’effetto del riscaldamento globale.
«Negli ultimi decenni – ha spiegato Reyneri – le temperature estive più elevate e la maggiore incidenza di eventi climatici estremi, grandinate e siccità prolungate, hanno favorito lo sviluppo di funghi produttori di micotossine, in particolare le aflatossine. Il rischio di contaminazione è passato da una prevalenza di deossinivalenolo e zearalenone a un aumento delle fumonisine e delle aflatossine, che pongono problemi importanti per la sicurezza alimentare».
Approccio integrato in campo
Le rilevazioni hanno dimostrato che negli ultimi dieci anni le condizioni meteorologiche hanno reso più frequenti le annate con alta contaminazione, aumentando la percentuale di campioni con livelli di micotossine superiori ai limiti raccomandati dalla legislazione europea.
Reyneri ha quindi sottolineato l’importanza di adottare un approccio integrato per la prevenzione delle micotossine: dalla scelta di ibridi di mais con resistenza genetica alle infezioni fungine, alle semine precoci per ridurre l’esposizione alla contaminazione fungina nelle fasi critiche, al controllo degli insetti vettori mediante strategie integrate, tra cui il biocontrollo con ceppi atossigeni di Aspergillus, all’adozione di tecniche di pulizia e selezione ottica dei cereali in fase di raccolta, fino al miglioramento della conservazione per ridurre la carica di micotossine nelle partite commercializzate.
Ha inoltre chiarito come l’introduzione di nuove raccomandazioni europee sui limiti di contaminazione nei mangimi potrebbe ridurre drasticamente le soglie consentite per alcune micotossine. In base alle proposte verrebbero imposte soglie più restrittive per fumonisine (1 ppm per suini, 2 ppm per avicoli, 20 ppm per bovini), DON (8 ppm per suini) e ocratossina (0,05 ppm per tutte le specie). Questi valori sono ben al di sotto della media rilevata dal CREA (13,2 ppm per le fumonisine).
A confronto, l’FDA (Food and Drug Administration) statunitense mantiene limiti molto più elevati (da 2,5 a 10 volte), riflettendo un approccio incentrato sulle performance produttive anziché sugli effetti minimi sulla fisiologia animale, come avviene nell’Unione europea, e questa divergenza rischia di penalizzare la competitività dei nostri allevatori.
Gestione del rischio nei mangini
I rappresentanti di Veronesi hanno illustrato le strategie per la gestione del rischio micotossine nei mangimi. Il primo passo cruciale – è stato evidenziato nel corso dell’evento – è rappresentato dalla verifica della materia prima.
Ogni anno, infatti, Veronesi effettua oltre 45.000 analisi per garantire la sicurezza delle materie prime e dei mangimi finiti utilizzando sia metodi di analisi rapidi con strip test sia tecniche di laboratorio avanzate, quali la cromatografia liquida accoppiata alla spettrometria di massa.
Fondamentale poi risulta l’innovazione nel controllo delle micotossine: l’impiego di ingredienti funzionali in grado di assorbire le micotossine nel tratto digestivo degli animali rappresenta una strategia efficace, che tuttavia non deve sostituire la prevenzione in campo e il controllo delle materie prime.
Tutto ciò però non può prescindere da un approccio globale con il coinvolgimento dell’intera filiera, dai produttori di cereali agli allevatori, passando per i mangimifici, al fine di garantire una produzione zootecnica sicura e sostenibile.
Ettore Zuccaro