Dal 2019 Igor Boccardo è amministratore delegato del Gruppo Leone Alato spa, holding agroalimentare di Generali Italia, presieduta da Giancarlo Fancel, che vanta profonde radici nel passato: la sua prima azienda agricola, Ca’ Corniani a Caorle (Venezia), fu acquisita da Assicurazioni Generali nel 1851 e rappresenta la prima grande bonifica privata in Italia.
Abbiamo incontrato Boccardo per conoscere più nel dettaglio l’attività del Gruppo, gli impegni e soprattutto i progetti per il futuro.
A 5 anni dalla nascita, qual è oggi la governance di Leone Alato?
Dalla produzione e commercializzazione di vini e distillati alle attività agricole che comprendono anche la forestazione – risponde Boccardo – passando per la produzione di energia da fonti rinnovabili, Leone Alato è una spa detenuta al 100% da Generali Italia: è una holding che eroga servizi alle società partecipate e a quelle controllate al 100%, come Genagricola 1851 e Le Tenute del Leone Alato.
A fianco di Genagricola 1851, all’interno della quale consolidano le società agricole che detengono un patrimonio di circa 14.000 ha tra Italia e Romania, quasi interamente dedicato alle coltivazioni erbacee, ci sono i circa 600 ha de Le Tenute del Leone Alato, dove abbiamo concentrato la produzione vitivinicola, con 6 brand che ricadono all’interno di alcune tra le aree a maggior vocazione vinicola del Paese.
Completano il quadro Montcalm wines importer ltd e Sinodrink trading & Co. ltd, società commerciali nate per la distribuzione del vino, non solo quello prodotto da Tenute Leone Alato, sui rispettivi mercati locali: Montcalm ha sede a New York ed è detenuta al 100% da Leone Alato, e Sinodrink, dove siamo azionisti di maggioranza relativa, è a Shangai.
Infine, Ca’ Tron: oltre 1.600 ha di seminativo e 300 vitati, acquisita insieme a Cattolica Assicurazioni, con la quale condivide il modello di governance e il management.
Questo è il gruppo da oltre 16.000 ha, che fa di noi una delle realtà agricole più importanti del Paese.
Biodiversità e sostenibilità
Quali sono gli obiettivi legati a questo assetto?
Fino a 5 anni fa in Genagricola convergevano tutte le attività di cui sopra. La viticoltura presenta delle peculiarità rispetto alle coltivazioni erbacee; pertanto, è stato necessario separare i due settori, individuando per ognuno strategie distinte, con obiettivi e progetti specifici.
Attualmente le Tenute del Leone Alato gestiscono circa 1.000 ha vitati, se includiamo anche le superfici di Ca’ Tron: nel 2023 abbiamo prodotto 5 milioni di bottiglie.
L’obiettivo di medio-lungo termine è aumentare l’imbottigliato per aumentare il valore aggiunto del prodotto, mentre per la campagna 2024, date le condizioni di contrazione del comparto a livello internazionale, vogliamo puntare ad aumentare la qualità e il valore unitario, per soddisfare le richieste di un mercato di alta fascia, anch’esso in contrazione ma meno rispetto al mainstream.
La specializzazione gestionale dei diversi segmenti di business è propedeutica a una crescita delle attività?
Il Gruppo Leone Alato vuole diventare una grande impresa agroalimentare 100% italiana e totalmente sostenibile. Stiamo già commercializzando vino, birra, olio e miele a marchio, e a breve inizieremo a trasformare anche altre materie prime, come ad esempio il grano in pasta.
La strategia industriale è quella di puntare a integrare verticalmente la filiera, per incamerare le marginalità tipiche della trasformazione e della commercializzazione. Vogliamo essere soprattutto un punto di riferimento nel campo della sostenibilità e della biodiversità, valorizzando la ricerca, il rispetto dell’ambiente e riducendo le emissioni, fino ad azzerarle.
Sul fronte biodiversità, insieme a 3Bee, leader in Italia nello sviluppo di tecnologie per il monitoraggio e la tutela della biodiversità, abbiamo avviato un progetto pilota denominato Element-E in tre aziende agricole di proprietà che si trovano a Portonovo, nel comune di Medicina (Bologna) dove disponiamo di oltre 950 ha coltivati a cereali; a Spazzate nel comune di Conselice (Ravenna), circa 470 ha a frutticole; in località Costa a Grezzana (Verona), 19 ha di vigneti inseriti nelle doc Valpolicella e docg Amarone.
I primi risultati, a un anno dall’inizio della sperimentazione, sono stati molto positivi. La combinazione di tecniche colturali tradizionali con le più moderne tecnologie, come sensori e DSS, ci ha permesso di registrare una crescita significativa degli impollinatori all’interno dei terreni agricoli monitorati, ma anche di uccelli.
Nel medio periodo intendiamo estendere il controllo continuo della biodiversità ad altre aziende agricole (20, per l’esattezza; ndr), per effettuare una valutazione più ampia e sistemica finalizzata a definire una strategia di rigenerazione.
Azzerare le emissioni
Avete progetti per la riduzione delle emissioni?
Il nostro obiettivo è quello di lavorare per tutelare e migliorare l’ambiente in cui viviamo. Per questo abbiamo varato il nostro progetto «net zero» con l’aiuto di SDA Bocconi, che ci assicurerà di diminuire sensibilmente le emissioni, mantenendo invariata la resa produttiva, grazie all’adozione di sistemi tecnologici come i controlli satellitari, la robotica e la sensoristica in campo, e la conseguente riduzione di prodotti di natura chimica come fertilizzanti, agrofarmaci e gasolio.
Generali Country Italia ha inoltre promosso Generali Act4Green, un progetto sviluppato in collaborazione con Sda Bocconi-Invernizzi Agri Lab in qualità di partner scientifico, che contribuisce ad accelerare il percorso di decarbonizzazione.
L’iniziativa prevede la piantumazione di un milione di alberi, più di 100 per ogni dipendente di Generali Country Italia, e la nascita di nuove foreste che si estenderanno su 1.000 ha di terreno, in 5 aziende agricole del Gruppo Leone Alato situate in Friuli Venezia Giulia,Emilia-Romagna, Lazio e Calabria.
L’intervento sarà completato in 4 anni e la fase di crescita della foresta avrà un orizzonte di lungo periodo, che abbiamo calcolato in 60 anni. Nel 2028 inizierà la produzione dei crediti di carbonio che saranno certificati lungo tutta la filiera da un organismo indipendente internazionale.
Infine − conclude Boccardo − non vanno dimenticati gli 8 impianti fotovoltaici a tetto esistenti nelle varie aziende del Gruppo, collegati a una serie di colonnine di ricarica per l’elettrificazione del parco auto, i due impianti a biogas da 1 MW ciascuno, uno dei quali sarà convertito a biometano e i 5 impianti agrovoltaici in fase di autorizzazione per un’ulteriore potenza di 5 MW.
Antonio Boschetti