Benessere in stalla: il confort termico è fondamentale

Tradizionalmente si ritiene che la zona di confort termico per le bovine da latte sia compresa fra –5 e +23,9 °C; il range indicato è molto ampio e risente di diverse condizioni; quando si vogliano individuare i fattori che provocano «stress termico» bisogna tener conto oltre alla temperatura anche dell’umidità relativa e della velocità dell’aria negli ambienti dove vivono le vacche.

Per esempio, quando la velocità dell’aria aumenta, la temperatura percepita dagli animali diminuisce: con una velocità di 2,5 m/s la temperatura percepita è inferiore di circa 3 °C. La combinazione dei dati di temperatura e umidità relativa genera l’indice Thi (Temperature and humidity index).

Il Thi si calcola usando la formula: (1,8×AT+32)-[(0,55-0,55×RH)×(1,8×AT-26)], dove AT è la temperatura ambientale espressa in °C e RH è l’umidità relativa.

Il Thi oltre il quale si registrano danni produttivi in stalla è 64. In particolare sono stressanti quelle giornate in cui il Thi permane a valori uguali o superiori a 68 per almeno 17 ore. La sensibilità al caldo è inoltre diversa in funzione della produzione giornaliera.

Per ogni 5 litri di latte in più rispetto ai 35 kg/giorno diminuisce di 5 °C la soglia oltre la quale considerare la situazione come di stress termico. Ciò significa che le bovine più produttive sono decisamente più sensibili e manifestano perdite produttive più accentuate.

Come agire in pratica

Misurare il Thi dove vivono le vacche

Il primo passo è quello di monitorare il Thi dove vivono gli animali. Questo significa disporre di sistemi che misurino in continuo il Thi all’interno delle stalle; le sonde dovranno essere di preferenza posizionate a un’altezza non superiore ai 150-200 cm dal suolo per cogliere con maggiore precisione il caldo percepito dalle vacche.

Automatizzare impianti di ventilazione e raffrescamento

L’individuazione delle condizioni di stress da caldo debbono essere affidate a strumentazioni calibrate al fine di evitare erronee stime basate sulle sensazioni degli operatori che, ovviamente, non possono percepire il caldo al pari di una bovina che produce latte e vive in quel particolare box della stalla.

La classica affermazione «non c’è caldo» perché «ancora non sento caldo» è probabilmente una delle principali cause di ritardo degli interventi di contenimento dello stress da caldo e di errata gestione degli impianti di raffrescamento.

Ragionando con attenzione sui valori di umidità relativa e temperatura oltre i quali si realizzano condizioni di stress per gli animali, ci si può facilmente rendere conto che già con temperature di 18-20 °C e umidità relativa del 55-60%, le bovine più produttive sono quelle che soffrono maggiormente e perdono più latte.

Le strategie di raffrescamento attivo sono diverse e se ben attuate possono mitigare il problema. Uno dei criteri da adottare se il proprio sistema è efficace è rappresentato dalla entità delle variazioni di consumo degli alimenti e della produzione di latte.

Raffrescamento attivo

Nel periodo caldo oltre alla pratica del raffrescamento è utile attuare interventi gestionali che migliorino complessivamente le condizioni di benessere. In tal senso, la gestione dei gruppi, soprattutto nei mesi caldi, dovrà orientarsi a limitare il sovraffollamento, i fenomeni di competizione e, più in generale, le «perdite di tempo» per le bovine. Va infatti ricordato che ogni ora persa di riposo riduce la produzione e aumenta i rischi sanitari.

 

Tratto dall’articolo pubblicato su Stalle da Latte  n. 4/2024
Razioni e accorgimenti per contrastare lo stress da caldo
di A. Formigoni
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