Non ci sono dubbi sul fatto che con l’uso delle TEA (Tecnologie di evoluzione assistita) sia possibile selezionare piante geneticamente resistenti alle malattie, con una riduzione dell’uso degli agrofarmaci, creare nuove tipologie di prodotti, migliorare la potenzialità produttiva (piante con maggior efficienza fotosintetica) e la resilienza delle colture verso gli stress ambientali.
Le TEA, insieme alla genetica tradizionale e alle nuove conoscenze genomiche, consentono di selezionare varietà/ibridi/cloni capaci di rispondere alle esigenze della società e di affrontare gli inevitabili cambiamenti climatici.
Vale la pena di ricordare che, se il clima cambia devono cambiare le piante che coltiviamo anche solo per garantire l’attuale capacità produttiva e il cambiamento è così rapido che difficilmente la genetica tradizionale sarà sufficiente per tenere il passo col mutare dello scenario climatico.
Direttiva europea ancora in discussione
Se l’Europa e l’Italia saranno protagonisti di tutto questo dipenderà dalle scelte che verranno prese nei prossimi mesi.
A oggi le TEA sono state autorizzate alla coltivazione e al commercio in tutti i grandi Paesi agricoli (Nord e Sud America, Russia, Asia orientale, Australia) a eccezione dell’Europa, dove la decisione finale sulla nuova direttiva che consentirebbe l’uso delle TEA è stata rinviata alla prossima Legislatura europea.
Confidiamo che l’iter legislativo del regolamento venga ripreso immediatamente, per approdare a una auspicabile approvazione entro i primi mesi del 2025, consentendo così all’Europa e ai singoli Stati membri di competere sullo scenario internazionale fruendo degli stessi strumenti già adottati dai principali competitor.
Il via libera al regolamento sulle TEA potrà avere grandi conseguenze anche sul sistema sementiero nazionale fatto soprattutto di pmi e cambierà drasticamente il mercato delle sementi. Con il passare degli anni saranno sempre di più le varietà/ibridi/cloni portanti geni modificati con l’uso delle TEA e l’accumulo di più mutazioni in un singolo genotipo diverrà un carattere distintivo delle colture di successo. Prevedibilmente i costitutori che non avranno accesso ai geni ottenuti con queste tecnologie avranno difficoltà a essere competitivi.
Il ruolo dell’Italia
L’Italia è stata tra i Paesi che per primi hanno investito nelle TEA e ha sviluppato una buona capacità di ricerca pubblica, che in questi mesi sta cominciando a sperimentare in campo alcuni dei risultati ottenuti grazie all’emendamento inserito nel «decreto siccità» dello scorso anno.
Tuttavia, essere partiti tra i primi non garantisce di essere protagonisti in una gara che sarà lunga e dove altri Paesi stanno investendo enormi cifre. Ad esempio, soltanto lo scorso anno la Germania ha investito 50 milioni di euro per lo sviluppo delle conoscenze genomiche avanzate (i geni e le loro funzioni) e la relativa applicazione per selezionare piante adatte alle nuove condizioni ambientali. E se allarghiamo lo sguardo al contesto mondiale ci rendiamo conto di come Cina, Stati Uniti e molti altri Paesi mettono la genetica delle piante tra gli investimenti strategici per il loro futuro.
L’Italia ha una grande tradizione nel settore della genetica agraria; tuttavia, se questa tradizione proseguirà dipenderà dagli investimenti che saranno messi in campo, da una strategia a medio termine capace di concentrare le risorse su specifici problemi/specie per creare una massa critica in grado di raggiungere risultati significativi, dal coinvolgimento del settore sementiero privato e da come verrà gestito l’accesso da parte degli operatori del mondo sementiero ai geni modificati con le TEA e protetti da brevetti, o eventualmente da privative vegetali.
Luigi Cattivelli
CREA – Fiorenzuola d’Arda (Piacenza)
L’Opinione pubblicata su L’Informatore Agrario n. 21/2024