Il 13 agosto scorso un giovane frutticoltore cuneese, Davide Barale, ha lanciato una petizione su change.org con la quale chiede di fissare un prezzo minimo per le produzioni ortofrutticole.
In tre settimane l’appello ha raccolto oltre 3.400 firme; il dibattito ha superato i confini del mondo agricolo ed è diventato oggetto di attenzione anche da parte della stampa generalista.
La rivendicazione di Barale è sostenuta in particolare dal Copoi-Coordinamento produttori ortofrutticoli italiani, organismo a cui il frutticoltore aderisce e che ha come portavoce nazionale l’ex parlamentare grillina, poi del gruppo misto, Rosa Silvana Abate.
Famiglia di frutticoltori da quattro generazioni, i Barale coltivano 30 ettari di frutteti, per il 95% meleti dai quali ottengono circa 16.000 quintali di frutta che, al momento della raccolta, conferiscono a grossisti o a organizzazioni dei produttori.
La produzione dell’anno scorso è stata liquidata attorno a 25 centesimi di euro/kg.
«Le spese – spiega Barale – sono tante: manodopera, vale a dire stipendi, visite mediche, dispositivi di protezione individuale e alloggi per i dipendenti stagionali, investimenti per gli impianti, ammortamenti, assicurazioni, agrofarmaci e concimi, carburante per macchinari ed energia elettrica per il pompaggio di acqua dai pozzi, certificazioni aziendali e corsi di formazione del personale, tasse e burocrazia.
Il costo di produzione si aggira sui 40 centesimi di euro/kg. Lavoriamo in perdita e avanti di questo passo fare investimenti per il futuro sarà un gioco d’azzardo. Occorre che le istituzioni si rendano conto che il costo di produzione è la base su cui costruire un futuro solido per le nostre aziende e per tutto il sistema dell’ortofrutta italiano».
Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 29/2023
Una petizione chiede un prezzo minimo per l’ortofrutta
di E. Zuccaro
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