A dieci anni dalla prima scoperta della xylella in Puglia (e in Europa), la diffusione del batterio responsabile del disseccamento rapido degli olivi nella Regione del Sud Italia sta rallentando. A parlare sono i dati presentati dal dirigente della sede di Bari dell’Istituto per la protezione sostenibile delle piante del Cnr (Ipsp-Cnr), Donato Boscia, alla IV Conferenza europea sulla Xylella fastidiosa, tenutasi a Lione il 20 agosto scorso.
Oggi in Puglia l’area interessata dai focolai, ha ricordato Boscia, è circa 8.000 chilometri quadrati, il 40% del territorio regionale, cento volte più grande del 2013, quando i ricercatori dell’Ipsp segnalarono la presenza del batterio, nella quale sono scomparse almeno 15 milioni di piante di olivo. Ma dati alla mano, ha indicato Boscia, negli ultimi cinque anni si è avuto un significativo rallentamento della diffusione verso il Nord della Regione e, più recentemente, un’attenuazione dell’epidemia nel Sud.
La conferenza ha messo «in evidenza le numerose strade che la scienza sta percorrendo per combattere» il patogeno. I ricercatori hanno discusso delle soluzioni più «tradizionali» e «pratiche», come la ricerca e lo sviluppo di varietà resistenti o modelli predittivi per il controllo dei vettori. Ma anche di nuovi orizzonti, come l’intervento sul microbioma delle piante e le nuove tecnologie per la diagnosi precoce attraverso sensori di prossimità o immagini aeree e satellitari.
Le varietà di olivo resistenti, ha confermato Pasquale Saldarelli dell’Ipsp-Cnr, restano sostanzialmente due: Leccino e Favolosa. Queste due cultivar, ha però sottolineato Maria Saponari (Ipsp-Cnr) nella discussione finale, possono trasmettere i tratti di resistenza alla progenie e quindi grandi speranze sono ora nei programmi di incrocio e selezione di nuove varietà, tra cui quelli italiani partiti all’inizio dell’anno.
Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 26/2023
La xylella rallenta, l’olivicoltura pugliese prova a ripartire
di A. Di Mambro
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