L’Europa, unica nel mondo, ha un sistema di protezione delle Indicazioni geografiche bipartito (attraverso gli schemi dop e igp) mentre a livello internazionale è riconosciuto dagli accordi Wto (specificamente, nel TRIPs Agreement) il solo modello ig (corrispondente grosso modo all’europeo igp).
Inoltre, il modello europeo è un cosiddetto modello sui generis, vale a dire che sebbene dop e igp siano considerate come esempi di proprietà intellettuale, nondimeno in Europa la loro protezione presenta molteplici aspetti pubblicistici, non essendo le stesse equiparate, a livello di tutele e conseguenze giuridiche, ai semplici marchi commerciali, individuali o collettivi.
Le traiettorie di riforma
La proposta della Commissione, nel marzo del 2022, individuava una riforma del sistema di dop e igp con al centro alcuni elementi cardine:
- procedura di registrazione abbreviata e semplificata;
- maggiore protezione online;
- maggiore sostenibilità trasparente verso i consumatori;
- più poteri alle associazioni di produttori.
Si tratta, in buona misura, di miglioramenti del modello esistente, instaurato dal reg. UE n.1151/2012.
La questione EUIPO
Nella proposta originaria della Commissione, il richiamo al ruolo di Euipo (Organizzazione europea per la proprietà intellettuale) nello «scrutinio» delle domande di protezione appariva come un’insidia. Se infatti un supporto tecnico, con particolare riguardo agli strumenti automatizzati di scansione e tutela del web, può ragionevolmente costituire una preziosa freccia all’arco della tutela, e la Comagri ha votato in favore dell’uso di questo strumento, l’idea che sia una organizzazione che si occupa di marchi e brevetti a esercitare una qualche forma di selezione sulle domande, giustamente non lasciava tranquilli gli europei, affezionati alla natura sui generis delle proprie indicazioni geografiche.
Ad avviso di chi scrive, perdere la dimensione pubblicistica che, a tacer d’altro, permette di riconoscere il diritto anche di chi non produce ancora alla conservazione e protezione di una dop, rappresenterebbe un ingiustificato passo indietro dell’UE rispetto a una storia non priva di problemi da affrontare, ma anche prodiga di successi.
Il ruolo del vino dentro e non fuori dal sistema
Nel 1992, vini docg/doc/igt erano già talmente più avanzati, in termini di legislazione e tutela, che costituivano il modello per le nuove norme ma non sarebbe stato possibile introdurre da subito analogo, altissimo standard anche per tutti gli altri alimenti.
Si decise pertanto che le dop e le igp sarebbero state introdotte per i prodotti che non erano vini o spiriti. Dopo la riforma delle dop e delle igp occorsa nel 2006 (con il reg. 510), nel 2008 l’ocm vino stabilì che vini e spiriti, da lì in poi sarebbero entrati nel sistema delle dop e delle igp (gli spiriti solo in quest’ultima categoria, passando per l’internazionale categoria ig).
In pratica, una volta che dop e igp sono state sufficientemente rodate e affinate, il vino vi è stato ricondotto. Se oggi, questi destini dovessero essere di nuovo separati, questa non sarebbe una iattura solo per la migliore difesa del vino negli accordi bilaterali stipulati dall’UE o per la ripartizione dei fondi ocm, ma sarebbe anche, culturalmente, come la separazione delle indicazioni geografiche in genere dal loro modello, ovvero la protezione del vino legato al terroir.
In concreto, dall’albero genealogico si eliminerebbe il capostipite. Nel rapporto approvato da ocm-agri, questa questione non appare affrontata, ma certamente il nodo dovrà venire al pettine in sede di trilogo: l’interazione Commissione-Parlamento-Consiglio dell’Unione europea che dovrà portare in porto la riforma, secondo le previsioni entro l’autunno. E sembra auspicabile che un intero modello, con le radici piantate là dove le vigne europee allignano da secoli continui a rimanere ben saldo in questo rapporto genetico.
Tratto dall’articolo pubblicato su Vite&Vino n. 3/2023
Riforma di dop e igp, il vino è nel sistema
di Michele A. Fino
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