La produzione nazionale di grano duro in Italia dovrebbe attestarsi quest’anno, secondo le previsioni del CREA, sopra i 4 milioni di tonnellate, con un incremento di circa il 12% rispetto alla campagna precedente, dovuto a rese produttive più alte, con una tenuta sostanziale delle superfici.
La coltivazione si presenta al momento in buone condizioni nei principali areali cerealicoli; pesa però l’incognita legata all’andamento meteorologico delle prossime settimane che potrebbe compromettere lo stato fitosanitario della coltura, e limitare la produzione finale.
Sono queste le prime stime produttive del grano duro rese note oggi a Foggia nel corso dell’evento DurumDays 2023, che ogni anno chiama a confronto tutti gli attori della filiera per fare il punto sulle previsioni della campagna, al quale hanno partecipato i rappresentanti di Assosementi, Cia – Agricoltori italiani, Confagricoltura, Copagri, Alleanza Cooperative Agroalimentari, Compag, Italmopa, Unione Italiana Food e CREA, con Areté quale partner tecnico e la partecipazione in veste di sponsor di Syngenta.Rispetto allo scenario produttivo mondiale, i dati resi noti da Areté, società di ricerca e consulenza specializzata nell’agri-food, attestano un sostanziale recupero produttivo nel corso del 2023 in Nord America (+5% in Canada e + 3% negli Usa), e una crescita produttiva del 5% in Europa.La situazione delle scorte iniziali per la campagna 2023/24 è al minimo storico e ciò è un fattore potenzialmente di supporto ai prezzi rispetto ai livelli correnti.
Rispetto ai prezzi, la campagna 2022/23 è stata contraddistinta da una riduzione generalizzata dei prezzi medi rispetto alla precedente (Canada, -19%, Usa -25%, Foggia -15%).
Permangono tuttavia elementi che possono tornare a mettere in tensione i prezzi.
Tra questi: il livello minimo di scorte, i volumi produttivi effettivi ancora dipendenti dal livello delle rese (sia in Europa che in Nord America), così come la contrazione del premio di prezzo del frumento duro rispetto agli altri cereali, frumento tenero e mais, che aumenta le possibilità di trasmissione di tensioni da un mercato ad un altro.
Inoltre le esportazioni canadesi hanno marciato a ritmi superiori a quelli necessari per raggiungere gli obiettivi di campagna, lasciando prefigurare un rallentamento dell’offerta nei prossimi mesi.
In definitiva, permangono numerosi elementi potenzialmente in grado di rimettere in tensione i prezzi. Servirà almeno un’altra campagna di produzioni sostenute per riportare i mercati verso livelli di prezzo antecedenti allo shock del 2021/22.
Dal 2024 scatterà un ulteriore obbligo per ottenere l’aiuto accoppiato, ovvero quello di utilizzo di seme certificato.
Secondo i dati elaborati dal CREA, le superfici soggette a controllo per la produzione di seme certificato di grano duro sono aumentate dell’8,5%, passando da 67.084 ettari del 2022 a 72.784 ettari di quest’anno, con una lenta, ma costante crescita negli ultimi cinque anni.
Rispetto agli scenari futuri della coltura del grano duro, i protagonisti della ricerca internazionale riuniti nel Durum Science Workshop hanno indicato le strategie necessarie per mantenere elevati livelli produttivi e contrastare l’effetto dei cambiamenti climatici, individuate nelle tecniche di miglioramento genetico innovative e nello sfruttamento delle interazioni positive dei microrganismi con la pianta.
Brandoni: ricerca e seme certificato chiavi per la competitività
Ricerca e innovazione, impiego del seme certificato e collaborazione tra gli attori della filiera sono le chiavi per mantenere competitiva ed incrementare le produzioni di grano duro italiano. A sottolinearlo è Assosementi, l’associazione che rappresenta le aziende sementiere italiane, in occasione della ottava edizione dei Durum Days.
“Il settore sementiero è pronto a giocare un ruolo importante all’interno del comparto del grano duro, ha dichiarato Tommaso Brandoni, Presidente della Sezione Cereali di Assosementi. Grazie al miglioramento genetico, siamo in grado di mettere a disposizione degli agricoltori varietà più resistenti alle malattie, per limitare gli input chimici, e più tolleranti agli effetti del cambiamento climatico, una sfida particolarmente gravosa in questo momento.
Queste innovazioni vengono trasferite in campo solo grazie all’impiego di seme certificato che, oltre ad essere un mezzo tecnico per garantire produzioni di qualità, completa la tracciabilità lungo la filiera e permette di mantenere attivi i programmi di ricerca già in essere nel nostro paese”.
“Secondo gli ultimi dati del CREA – DC, nel 2023 sono 72.800 gli ettari investiti a superfici portaseme, ossia quelli che serviranno per produrre il seme che sarà lavorato per le prossime semine autunno-vernine. Si tratta di una crescita prossima al 10% che porterà a maggiore disponibilità di sementi di grano duro nel 2024, primo anno in cui l’impiego di seme certificato sarà vincolante per avere accesso agli aiuti accoppiati PAC per questa coltura nelle aree del centro-sud Italia. A nostro avviso è un segnale positivo e un passaggio fondamentale per valorizzare sempre di più l’alimento principe della nostra dieta e simbolo di italianità nel mondo” ha concluso Brandoni.