Una delle principali attività di Arsial attiene alla biodiversità e alle risorse genetiche autoctone, in base alle competenze affidate all’Agenzia dalla legge regionale 15/2000. Lo ha rimarcato il presidente dell’ente Mario Ciarla, nell’intervista rilasciata a L’Informatore Agrario. Su questo fronte – ha evidenziato – «abbiamo un approccio multidisciplinare e stiamo lavorando, in collaborazione con diverse università (quella della Tuscia in primis) a diversi progetti di ricerca; soprattutto siamo depositari della banca genetica che è ubicata qui, nella nostra sede centrale dell’Arsial, a Roma in via Lanciani».
Quella della biodiversità è una delle materie a cui l’Agenzia tiene di più. «Cerchiamo – ha osservato Mario Ciarla – di far comprendere una cosa che, tutto sommato, dovrebbe essere evidente ma che così evidente non è: la tutela della biodiversità è alla base del futuro della nostra vita perché quando una specie scompare, scompare per sempre».
Arsial è impegnata a riscoprire e censire le risorse genetiche autoctone attraverso lo strumento del “Registro regionale delle risorse animali e vegetali”; lo fa, sulla scorta di centinaia di segnalazioni di risorse presenti sul territorio, per implementare le oltre 240 varietà vegetali già iscritte nel Registro.
Altro argomento particolarmente a cuore ad Arsial è quello del coinvolgimento dei produttori e della realizzazione di “comunità d’interesse”. La necessità di fare “comunità”, nasce dall’esigenza di superare la frammentazione, la parcellizzazione del settore agricolo. Unire non solo per fare massa critica di prodotto, ma anche per riuscire a cogliere le opportunità che ci sono, attraverso i bandi pubblici; unire per fare progettualità e quindi per crescere.
«Se si agisce da soli – ha fatto presente – inevitabilmente si fatica di più rispetto a chi è più strutturato. Lo strumento delle comunità d’interesse permette una “socializzazione” dell’informazione ed anche delle procedure; è un qualcosa che già esplicavamo in passato come Ente Maremma, quando ci fu la riforma agraria. La comunità d’interesse allora va riportata nella modernità di oggi; va trasportata con strumenti nuovi (quali possono essere i social media) nel XXI Secolo».
La prima comunità d’interesse sarà dedicata alle cantine del Lazio: una platea relativamente ampia, di circa 430 cantine, in cui le scelte collettive esercitano un ruolo decisivo per la filiera del valore delle singole aziende vitivinicole. Quindi si aggiungeranno le filiere olivicola e della caseificazione.