Dallo scorso 16 luglio, con l’entrata in vigore del Nuovo regolamento europeo sui fertilizzanti (regolamento UE 2019/1009) è stata introdotta ufficialmente la definizione di biostimolante delle piante, ovvero qualunque prodotto che stimola i processi nutrizionali delle piante indipendentemente dal suo tenore di nutrienti, con l’unica finalità di migliorare una o più delle seguenti caratteristiche della pianta o della sua rizosfera: efficienza dell’uso dei nutrienti; tolleranza allo stress abiotico; caratteristiche qualitative; disponibilità di nutrienti confinati nel suolo o nella rizosfera.
La nuova norma europea si va a innestare sul quadro normativo nazionale esistente. Di seguito vengono elencati i biostimolanti maggiormente utilizzati in viticoltura da tavola.
Estratti e filtrati di alghe
Sono i biostimolanti più conosciuti e di cui si fa più largo uso su uva da tavola. Gli effetti biostimolanti delle alghe sono da ricondurre soprattutto al contenuto di fitoregolatori (auxine, citochinine, gibberelline, acido abscissico) che migliorano o attivano i processi metabolici nella pianta.
Inoltre, gli estratti d’alga possono contenere anche carboidrati, amminoacidi, elementi nutritivi, vitamine e fenoli, sostanze importanti anch’esse per il metabolismo delle piante e la loro tolleranza agli stress ambientali. Le più comuni tipologie in commercio sono gli estratti di alghe brune che derivano da Ecklonia maxima spp., Ascophyllum nodosum spp., Laminaria spp., Fucales spp., Macrocystis spp., ma ultimamente si sta diffondendo anche l’utilizzo di microalghe.
Sostanze umiche
Sono macromolecole organiche complesse che provengono dalla decomposizione della sostanza organica e dall’attività metabolica dei microrganismi. Migliorano la struttura del suolo incrementando la biodisponibilità degli elementi nutritivi riducendo le perdite per lisciviazione; stimolano la rizogenesi e aiutano le piante a superare stress di natura biotica e abiotica.
In viticoltura si utilizzano in fase di impianto per favorire lo sviluppo radicale delle giovani piante e durante il ciclo produttivo, quando si verificano condizioni di stress o in presenza di suoli poco fertili caratterizzati da un basso tenore di sostanza organica con applicazioni radicali ripetute.
Funghi micorrizici
In genere i biostimolanti microbici esercitano funzioni chiave nell’interazione pianta-suolo. Studi biochimici, molecolari e fisiologici hanno mostrato l’esistenza di meccanismi di risposta indotti dai microrganismi, che potrebbero attivare tolleranza sistemica indotta e resistenza sistemica indotta in condizioni di stress abiotici e biotici.
I biostimolanti microbici maggiormente utilizzati in viticoltura da tavola sono i funghi micorrizici, in particolare del genere Glomus spp. Le micorrize agiscono legandosi alle radici con una simbiosi mutualistica che prevede un reciproco scambio, grazie al quale entrambi i bionti traggono vantaggio.
Idrolizzati proteici
Un’altra categoria di sostanze biostimolanti sono gli idrolizzati proteici, vale a dire sostanze contenenti una miscela di aminoacidi e peptidi solubili, generalmente ottenuti per idrolisi chimica o enzimatica (o mista) da proteine di origine animale o vegetale. Presentano caratteristiche chimiche diverse a seconda dell’origine della materia prima e del processo di produzione.
Agiscono stimolando la rizogenesi, migliorando l’assorbimento dell’acqua e l’assimilazione dei nutrienti (ad esempio azoto nitrico e ferro), la tolleranza a stress abiotici (salinità, siccità, temperature elevate, gelate) e la qualità del prodotto.
Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 38/2022
Biostimolanti, l’impiego corretto per l’uva da tavola
di D. Zagaria, C. Gentile, L. Catalano, V.A.N. Melillo
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