Obiettivo stalle più sostenibili: ecco come intervenire

L’attuale situazione geopolitica e climatica sta mettendo a durissima prova il settore primario, rendendo inevitabile la necessità di attuare interventi sostanziali per migliorare la sostenibilità economica, ambientale e sociale del sistema di produzione degli alimenti. Questi tre pilastri della sostenibilità possono essere consolidati e mantenuti nell’alimentazione degli animali da reddito solo applicando nuovi paradigmi, in particolare nei ruminanti.

Una prima opportunità viene dalla capacità dei ruminanti di alimentarsi con matrici non utilizzabili dall’essere umano, quali foraggi e sottoprodotti fibrosi, convertendole in alimenti di elevato valore biologico e nutrizionale per l’uomo. Una maggior inclusione di fibra nelle razioni porterebbe quindi anche a una minor competizione tra animale e uomo, sia per alcuni alimenti specifici sia per le risorse utilizzate nella loro produzione (terra, acqua, energia e capitali).

Inoltre, prati e pascoli contengono più carbonio organico nel suolo rispetto ad altri ecosistemi. Un loro equilibrato sfruttamento riduce il rilascio in atmosfera di anidride carbonica limitando l’impatto sul riscaldamento globale. Il riutilizzo dei sottoprodotti nella catena alimentare zootecnica rappresenta un modo efficiente per ridurre gli sprechi, altro importante punto critico nel raggiungimento di una filiera feed-food a elevato valore etico.

Una razione ricca di foraggi, specialmente se autoprodotti, ha anche un costo inferiore rispetto a una dieta ad alto contenuto di concentrati, ed è quindi più sostenibile anche da un punto di vista economico. Infine, è necessario adattare i processi produttivi agli inevitabili cambiamenti del clima.

La gestione delle superfici agricole dovrebbe mirare all’autoproduzione della maggiore quantità di principi nutritivi, per soddisfare i fabbisogni degli animali allevati, nel pieno rispetto del loro benessere, contribuendo parallelamente alla tutela della fertilità dei suoli, alla gestione dei reflui e al contenimento del consumo idrico.

Nella scelta del piano agronomico da adottare, vanno considerati sia i fattori che influenzano la risposta produttiva delle diverse piante, in primis il clima inteso come temperatura e precipitazioni, sia il consumo di carburanti, l’uso di fertilizzanti inorganici e agrofarmaci e l’eventuale ricorso all’irrigazione. Le aree della Pianura Padana vocate all’allevamento dei bovini da latte e da carne hanno visto finora un dominio incontrastato della coltivazione del mais per la produzione di granella, insilati, e pastoni al fine di massimizzare la quantità di energia alimentare prodotta per unità di terreno agricolo. Negli ultimi anni, tuttavia, sono emerse perplessità riguardo alla sostenibilità della coltivazione di questo cereale, visti gli elevati input agronomici (fertilizzanti inorganici) e gli alti consumi di carburanti fossili e di acqua.

L’andamento climatico degli ultimi anni, segnati da calo della piovosità e ondate di caldo intenso, hanno reso sempre più critica la coltivazione del mais, soggetto a elevato rischio di contaminazione da aflatossine e di infestazione da diabrotica. Inoltre in caso di eventi temporaleschi intensi, la coltura del mais comporta un aumento del rischio di erosione idrica dei suoli per la scarsa copertura vegetale del terreno fornita dalla pianta nelle prime fasi colturali e dall’ampia distanza tra le file.

Per mitigare gli effetti negativi della monosuccessione, da anni la politica agricola comunitaria ha progressivamente introdotto misure a sostegno della rotazione e della diversificazione colturale: ciò ha favorito la semina di nuovi foraggi alternativi, come gli erbai autunno-vernini di frumento, avena, triticale e loietto o di miscugli di questi cereali, anche con leguminose come il pisello e la veccia. Per le semine estive si stanno diffondendo la soia e soprattutto il sorgo, sia da foraggio sia da granella che, in quanto coltura più rustica, risulta meno energivora e più «termo-tollerante» del mais.

 

Tratto dall’articolo pubblicato su Stalle da Latte  n. 5/2022
Dalla bovina da latte le indicazioni per produrre carne sostenibile
di G. Cozzi, M. Dorigo
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