Recentemente il gruppo di ricerca di Nutrizione animale dell’Università di Udine (Dipartimento DI4A) si è dotato di strumentazioni innovative per la misura del metano che si libera durante la fermentazione ruminale.
Per ragioni di costo, ma anche per poter svolgere una sperimentazione che non coinvolga gli animali (cruelty free) e per poter fornire informazioni rapide al mondo produttivo, ci si è orientati verso strumentazioni di laboratorio in grado di simulare quanto avviene nell’animale.
Le prove di fermentazione in vitro
La strumentazione utilizza diversi vasi di fermentazione (con volume netto da 500 mL) dotati di una chiusura ermetica e collegati ognuno con un tubo di uscita del gas a un micro-misuratore di gas (con range di misurazione: da 1 mL/ora a 1 L/ora; accuratezza di misura: 3%) a sua volta collegato a un misuratore di metano a infrarossi.
I misuratori di gas e metano di ogni fermentatore sono connessi a un computer per la registrazione in continuo del gas prodotto attraverso un apposito software. Il vaso viene preparato per la fermentazione introducendo una quantità di alimento macinato e viene aggiunto liquido ruminale filtrato (prelevato al macello da più animali della stessa categoria) e diluito con una soluzione tampone. Tutti i vasi vengono mantenuti durante la fermentazione alla temperatura di 39° C.
La strumentazione realizza due principali rilevazioni in contemporanea: produzione di gas totale di fermentazione (che esprime il potenziale fermentativo di un alimento e quindi di utilizzazione da parte dell’animale); produzione di metano.
Metanogenesi: inibirla è possibile?
Una razione ideale dovrebbe avere un’elevata fermentescibilità (elevata efficienza alimentare), ma una ridotta produzione di metano per non inquinare l’ambiente.
Sono state già condotte alcune prove preliminari misurate su un substrato rappresentato da un unifeed per ruminanti (a base di silomais, fieno di medica, farina di mais, orzo e farina di estrazione di soia): dopo 48 ore di fermentazione su un totale di 1.400 mL di gas ben 280 mL sono di metano.
Durante la fermentazione il rapporto tra metano prodotto e gas non si mantiene costante, ma la percentuale di metano, inizialmente molto bassa, cresce progressivamente per portarsi verso le 8-10 ore di fermentazione a un valore costante asintotico.
Il sistema è stato sottoposto a una prima serie di verifiche per valutare l’accuratezza delle misure ottenibili. Tra le diverse strategie alimentari per contenere la produzione di metano (ad esempio uso di oli e grassi, modifica dei rapporti concentrati/foraggi, uso di foraggi di alta qualità, ecc.) l’aggiunta di sostanze chimiche o naturali in grado di inibire la metanogenesi appare molto promettente.
Per dimostrare le potenzialità di indagine sperimentale della strumentazione in vitro per analizzare le fermentazioni ruminali è stata testato l’effetto di un additivo chimico noto per l’effetto di riduzione del metano in quanto in grado di inibire un enzima (il metil-coenzima M reduttasi) dei metanobatteri ruminali, oltre ad avere un’azione negativa diretta su questi microrganismi.
A 48 ore si riscontra un calo del gas di fermentazione prodotto di circa 330 mL (calo del 25% circa) corrispondente a una riduzione del 95% del metano prodotto (circa 260 mL).
Contemporaneamente i liquidi di fermentazione sono stati analizzati per la concentrazione di acidi grassi volatili ed è risultato un forte effetto sul tipo di fermentazione, che è stata spostata dall’acetato al propionato.
La produzione di metano è fisiologicamente funzionale alla eliminazione dell’idrogeno (H2) ruminale che si origina dalla fermentazione dei carboidrati alimentari in acidi grassi volatili. Tuttavia la produzione di H2 è elevata quando si forma acetato, mentre è minore con la formazione di acido propionico e butirrico.
Tratto dall’articolo pubblicato su Stalle da Latte n. 5/2021
Misurare le emissioni: promettenti risultati dalle prove in vitro
di M. Spanghero
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