La produzione di formaggi e latticini in azienda per la vendita diretta al consumatore (oppure tramite agriturismo, o attraverso spacci aziendali) è oggi una realtà di grande importanza per le nostre aziende agricole produttrici di latte.
Come è forse noto ai lettori, dal mese di novembre 2007, per effetto del dl 193/07, che ha abrogato le leggi di filiera verticale del settore lattiero-caseario (dl 155/97 e dpr 54/97 nonché l’articolo 2 della legge 283/62), sono entrati in vigore a tutti gli effetti, anche in Italia, i regolamenti Ce 852, 853, 854 e 882/2004, che ufficialmente erano effettivi dal 1° gennaio 2006, ma che, di fatto, si sovrapponevano alle altre leggi nominate.
La loro piena entrata in vigore, anche se ha ampliato le responsabilità del gestore del minicaseificio, per quanto riguarda l’apertura lo ha però facilitato. Queste disposizioni, in particolare i reg. Ce 852 e 853, hanno superato, nell’intento, la legislazione europea e italiana precedentemente vigente (il dpr 54/97 per latte e latticini) costituendo la base delle norme igienico-sanitarie, di controllo e specifiche, per ogni prodotto alimentare.
Punti fermi
In funzione di questa esigenza, il Comitato permanente Stato-Regioni, della presidenza del Consiglio dei ministri italiano, aveva già emanato due circolari interpretative delle norme contenute nei regolamenti citati (n. 2470 e 2477 del 9-2-2006) nelle quali si precisano alcuni punti fermi tra i quali, per il latte e i latticini, ricordiamo i seguenti:
- tutti gli esercizi, sia produttivi che commerciali, dovranno essere «registrati» e «riconosciuti» (compresi quelli che prima necessitavano di autorizzazione sanitaria ai sensi dell’articolo 2, oggi abrogato, della legge 283/62), per i quali quindi, come è il caso dell’apertura di un nuovo minicaseificio, non sarà più necessario chiedere e ottenere l’autorizzazione sanitaria alla Asl e al Comune, ma sarà sufficiente ottenere il «riconoscimento» in base al reg. Ce 853/04, il che fa però intendere che tutti coloro che producono e/o vendono alimenti dovranno dotarsi, nel caso del latte o dei latticini, finché esisterà, di bollino Ce;
- tutti i suddetti esercizi dovranno assicurare la tracciabilità della filiera di produzione e/o dei prodotti commercializzati, ex reg. Ce 178/02;
- tutti gli esercizi di cui sopra dovranno assicurare igiene e salubrità dei prodotti tramite controlli interni basati sul metodo Haccp, ex reg. Ce 852/04;
- la responsabilità dell’igiene e della salubrità dei prodotti ricade interamente sul produttore e/o sul rivenditore commerciale, limitandosi le Asl a controllare che i piani Haccp siano adatti, efficienti e rispettati, in base sempre al reg. Ce 852/04.
Deroghe
Le stesse circolari precisano che deroghe a queste norme possono essere concesse solo ed esclusivamente per «… la fornitura diretta di piccoli quantitativi di prodotti dal produttore al consumatore finale e/o […] agli esercizi di commercio al dettaglio […] a livello locale».
Precisano inoltre che:
- «piccoli quantitavi» si deve intendere «la cessione diretta, su richiesta del consumatore o dell’esercente, di prodotti dell’azienda…» purché «… non costituiscano la parte preponderante della produzione dell’azienda»;
- per «livello locale» si deve intendere il territorio comunale o provinciale.
Il nuovo minicaseificio potrebbe figurare in «deroga» se effettuasse la vendita diretta dei suoi prodotti presso la sua azienda, o in locale connesso all’azienda e/o sotto il suo controllo diretto tramite uno spaccio connesso. Nel caso di vendita a un commerciante, tranne che nei limiti predetti, qualsiasi altra cessione escluderebbe, sempre a parere dello scrivente, la deroga. Il che tende a escludere un minicaseificio aziendale che venda i suoi prodotti tramite spaccio e/o a fiere di paese, staccate dall’azienda, dalla possibilità di deroga.
Quanto detto relativamente ai nuovi regolamenti Ce significa però che chi intende aprire un minicaseificio aziendale può farlo, senza aspettare, dandone semplicemente comunicazione al Comune e all’autorità sanitaria competente (la Asl locale, con documenti che possono essere richiesti alle Asl e che possono risultare diversi da Regione a Regione) che, ai sensi dei citati regolamenti, procederà alla ricognizione entro 3 mesi dalla comunicazione, e una volta verificato che il fabbricato rispetti le regole, approvato il programma di autocontrollo (HACCP interno) e verificati i documenti di tracciabilità, procede al «riconoscimento» o, se del caso, a dare delle prescrizioni, da esaudire entro 2 mesi, attuate le quali il minicaseificio sarà riconosciuto. Attenzione: il riconoscimento non è automatico, se non si rispettano le prescrizioni dei regolamenti, l’Asl può non concederlo, quindi è sempre meglio consultarla prima.
Precisazioni da rispettare
Per il riconoscimento del minicaseificio devono inoltre essere rispettate altre prescrizioni. Infatti occorre dire che se la fabbricazione e la vendita diretta dei propri prodotti al consumatore finale esentano il caseificio aziendale dalla richiesta di autorizzazione sanitaria, questo non è comunque esentato dalle prescrizioni sui locali, sugli impianti e sui fabbricati previste dal reg. 853 citato, né tantomeno da quelle del dpr 327/80 (regolamento di applicazione della legge 283/62) e delle leggi che regolano il commercio in generale (licenze di commercio, registratori di cassa sigillati e bollati, Iva, ecc.).
Anche se altre esenzioni sono previste per la produzione e vendita locale di prodotti cosiddetti «tradizionali» (dl 173/98; dm 350/99), la loro definizione, essendo demandata alle Regioni, può variare da zona a zona e non è, per ora, sempre e del tutto chiara. Per queste specialità è meglio rivolgersi direttamente alle proprie Regioni. Se si intende sfruttare il latte aziendale bovino, questo deve provenire da vacche dichiarate ufficialmente indenni da tubercolosi e brucellosi; se invece si intende sfruttare, insieme al latte bovino, latte di altre specie allevate e munte nella stessa azienda, anche queste devono essere indenni. Per prima cosa quindi occorre farsi rilasciare dal servizio veterinario dell’Asl competente questa certificazione per il proprio bestiame lattifero.
Superato questo primo ostacolo, per aprire un minicaseificio aziendale e uno spaccio occorre fare richiesta di concessione edilizia al sindaco del Comune (anche se si tratta solo di adattare locali esistenti e non di costruirne di nuovi). È quindi necessario presentare al Comune un progetto edilizio di massima, anche molto semplificato se si tratta di adattamenti (che devono però rispettare i requisiti igienico-sanitari previsti dal regolamento 853/04 e dal dpr 327/80) e, per l’Asl, preparare una relazione tecnica sulla propria produzione unitamente al Piano interno di autocontrollo e quindi conviente tracciabilità ex reg. Ce 178/2002 (questi devono essere abbastanza dettagliati perché l’Asl deve poter giudicare l’eventuale pericolosità igienico-sanitaria del prodotto e l’adeguatezza dei controlli e quindi conviene farli fare da un tecnico caseario) sui tipi di prodotto che si intendono fabbricare, sulle tecnologie di fabbricazione e sugli impianti (celle frigorifere, ecc., sia per il caseificio che per lo spaccio) che si intendono adoperare. È sempre consigliabile per queste pratiche chiedere preventivamente l’aiuto delle Asl e dell’Ufficio tecnico del Comune.
Per fortuna, quando si tratta di un minicaseificio aziendale i sistemi di produzione di vapore e acqua calda esimono, in genere, dalla ncessità di fare denuncia per le emissioni in atmosfera e di richiedere il nulla osta ai Vigili del fuoco. Problemi però possono nascere dallo scarico dei reflui del minicaseificio: se non si possono riutilizzare in azienda (ad esempio alimentando suini con il siero di caseificazione) anche per questi occorrerà richiedere autorizzazione al Comune per lo scarico che, in questo caso, deve rispettare le norme stabilite dalle leggi regionali vigenti in materia.
Attenzione va posta, se si intende utilizzare nel minicaseificio aziendale del personale, anche familiare e/o saltuario oppure occasionale, alle incombenze relative alla «sicurezza sul lavoro» (legge 626/94 e il recentissimo dl 81/08).
Locali e macchinari
Una volta ottenuta la licenza edilizia dal Comune occorre adattare i locali e installare i macchinari del caseificio e dello spaccio (che deve essere posto, come i servizi igienici, in locale separato dal caseificio) per i quali necessiterà il collaudo sia per le opere idrauliche, sia per le opere elettriche (piccole o grandi che siano) ai sensi della legge 46/90 e successive modificazioni. Il collaudo può essere sostituito da un’autocertificazione della ditta autorizzata, che ha effettuato i lavori idraulici, energetici ed elettrici.
Superati tutti questi ostacoli, il caseificio aziendale e il suo spaccio sono pronti a operare, ma, per partire, occorre, come detto, presentare all’Asl denuncia di avviamento dell’attività produttiva (ex articolo 48 dpr 303/56), nonché richiedere, tramite la Camera di commercio, la licenza per l’esercizio commerciale.
Inutile dire che, prima di mettere le mani nel latte, anche con tutte le licenze e autorizzazioni a posto, l’operatore deve essere in regola con il libretto sanitario ai sensi del dpr 327/80 se questo è ancora in vigore o, per le Regioni che lo hanno sostituito con un corso di preparazione, partecipare ai corsi di formazione regionale per gli addetti alla produzione e somministrazione di sostanze alimentari (che possono avere durata diversa, secondo le Regioni) e ottenere il certificato di partecipazione.
Adempimenti finali
Ultime cose da fare, ma solo in ordine di tempo, prima di fabbricare (e vendere) il primo chilogrammo di formaggio: le denunce relative agli adempimenti per le quote latte e la dotazione per lo spaccio di un registratore di cassa bollato (anche se, in alcuni casi, la Finanza sembra permettere il solo rilascio di ricevute fiscali, come quelle dei barbieri), nonché l’ottenimento del numero di partita Iva (presso l’ufficio Iva regionale competente) e l’avviamento della contabilità Iva in regime normale.
A questo punto il caseificio aziendale sarebbe veramente pronto per iniziare la produzione e la vendita, ma, siccome i formaggi non si vendono da soli (specie se il pubblico non sa dove si possono comprare), a meno che l’azienda agricola e il suo spaccio non confinino con un’autostrada o una strada di grande comunicazione, occorrerà disporre la segnaletica necessaria e, se del caso, qualche cartello pubblicitario.
Le due cose però comportano adempimenti diversi: per la pubblicità sarà necessario rivolgersi alle ditte concessionarie, per esempio, della cartellonistica stradale e pagare la tassa sulla pubblicità; per la semplice segnaletica stradale occorrerà disporre cartelli (che in questo caso non pagano imposte) secondo le modalità, i tipi, le ubicazioni stabiliti dalle leggi statali (contattando gli uffici Anas per informazioni sui cartelli sulle strade statali o del Comune per quelli sulle strade comunali) e regionali. Molte Regioni prevedono infatti tipi e colori per i vari cartelli che indicano al pubblico aziende che praticano la vendita di prodotti o agriturismo, ecc.
Come abbiamo avuto modo di accennare in precedenza, il quadro legislativo della sicurezza alimentare in generale, e quindi anche del settore lattiero-caseario, che era già stato rivoluzionato alla fine degli anni Novanta dalle direttive Ce recepite in Italia con i dpr 155 e 54 del 1997, è cambiato con l’entrata in vigore dei nuovi regolamenti Ce 852 e 853/2004, che hanno portato, tra l’altro, all’introduzione di nuove tabelle di controllo delle caratteristiche igienico-sanitarie dei prodotti, come quelle dettate dal regolamento Ce 2073/2005, diverse anche per latte e latticini da quelle prima previste dai dpr citati in precedenza. Tutto questo, insieme alle norme introdotte dal decreto 178/2002 sulla tracciabilità, effettive dal 2004, ha prodotto una piccola rivoluzione nel settore, che è divenuta oggi effettiva anche per i minicaseifici. Vediamo allora cosa è successo e cerchiamo di spiegare cosa e come i minicaseifici possono fare per adeguarsi a questa nuova rivoluzione.
I nuovi regolamenti
I principi ispiratori dei nuovi regolamenti Ce 852-853 sono molto semplici e consistono sostanzialmente nell’attribuire direttamente ai produttori, e non più all’autorità di controllo, la responsabilità dell’igiene e della sanità dei loro prodotti, obbligandoli a predisporre, in funzione del tipo di produzione e dei rischi che possono derivare dal prodotto che fabbricano, dei «manuali di autocontrollo» interni, che devono essere approvati dall’autorità competente (nel nostro caso le Asl), in base ai quali effettuare i controlli e le analisi capaci di garantire la salubrità dei loro prodotti. In quest’ottica anche i minicaseifici aziendali, come responsabili diretti e non più indiretti, devono dotarsi dei propri manuali di autocontrollo e implementarli, cosa semplice a dirsi, ma non altrettanto facile a farsi.
Cerchiamo allora di spiegare in che cosa consiste e come deve essere fatto e implementato un manuale di autocontrollo di un minicaseificio.
L’autocontrollo nella pratica
Il titolare, o responsabile, del minicaseificio deve preparare un documento scritto, detto appunto manuale interno di autocontrollo dell’azienda, basato sull’accertamento dei rischi e sui controlli degli stessi adottati in azienda nell’ambito della produzione. Nel documento devono essere descritti i prodotti che si fabbricano e, sulla base della descrizione, devono essere individuati i pericoli relativi per la salute del consumatore come identificati nei regolamenti Ce citati, i controlli, le analisi, i metodi di controllo e di prevenzione e gli eventuali interventi in caso di pericolo.
Il manuale interno di autocontrollo deve specificare:
- la descrizione dei prodotti e del loro ciclo produttivo;
- l’analisi dei pericoli relativi;
- le procedure di pulizia igienico-sanitaria delle attrezzature e dei locali;
- le procedure di difesa dagli animali infestanti (topi, mosche, ecc.);
- le procedure di controllo dei rifiuti e del siero, nonché della potabilità dell’acqua;
- le procedure di formazione del personale;
- le procedure e i controlli relativi alla tracciabilità dei prodotti e degli ingredienti;
- le verifiche analitiche relative a tutto quanto sopra indicato con i limiti e gli interventi nel caso i limiti vengano superati.
Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 43/2009
Procedure da seguire per aprire un minicaseificio
di O. Salvadori del Prato