Il vigneto ha bisogno di apporti organici

Una viticoltura di qualità senza l’apporto organico è molto più difficile. Sono le molecole dell’humus a creare le condizioni fisico-chimiche del terreno favorevoli all’assorbimento degli elementi minerali.

Più esattamente è la struttura glomerulare del suolo che favorisce l’assorbimento radicale dei minerali e delle molecole organiche in quanto impedisce la compattazione, favorisce l’aerazione, l’espansione radiale e in profondità dell’apparato radicale. Ogni glomerulo e costituito da un ponte a triangolo avente come pilastri i colloidi argillosi, il calcio e i colloidi humici, fra loro connessi da legami chimici. Il genius loci (interazione clima-terroir, responsabile della qualità primaria varietale) di un vigneto dipende dai fattori sopraelencati nonché dal micro e macrobioma del suolo. Questi si possono valutare a peso per ettaro e come composizione. Inoltre, la stragrande maggioranza di questi organismi viventi si trova proprio nel suolo e da essi dipende l’espressione del vino di terroir. Per una serie di principi agronomici e microbiologici occorre dotare o conservare un certo contenuto di sostanza organica e humica nel suolo, matrici della vita della microflora e della microfauna.

L’optimum di sostanza organica si colloca sopra il 2,5%, ma un’indagine dello scrivente effettuata su ben 5.000 vigneti di tutta Italia ha dimostrato che la maggioranza dei suoli vitati non raggiunge l’1%.

Fanno eccezione alcune zone fredde o di montagna aventi un’ossidazione biologica lenta. Risulta evidente che necessita restituire la sostanza organica all’impianto (un tempo si consigliavano circa 800 q/ha di letame) e ogni 3 anni circa durante la vita del vigneto (dose di riferimento 300 q/ha).

Compost, sovescio, inerbimento

Il ricorso al recupero di materiali vegetali fornitori di sostanza organica è cosi d’obbligo. Anzitutto trinciando e sotterrando i sarmenti della potatura invernale, nonché i residui della potatura verde, adottando l’inerbimento e il sovescio nell’interfilare, seminando miscugli di cereali e di crucifere per ottenere humus stabile oppure di leguminose per avere humus labile. Dalla sostanza organica così recuperata dal vigneto può derivare una quantità di humus pari a quella annualmente mineralizzata biologicamente o perduta per ossidazione e una quantità di elementi minerali pari ai consumi del vigneto, tenendo presente che la vite è una pianta poco esigente sotto il profilo minerale.

In terreni squilibrati strutturalmente o per il pH acido o alcalino possono verificarsi carenze minerali che si evidenziano dai sintomi fogliari o con la diagnostica fogliare. In questi casi si può ricorrere a biostimolanti fogliari o radicali. La nutrizione minerale è dunque corretta quando esiste un equilibrio fra l’humus e la vita biologica, ma anche quando l’apparato radicale (portinnesto) si adatta bene al terreno e alla varietà di Vitis vinifera.

 

Tratto dall’articolo pubblicato su Vite&Vino n. 4/2021
Non c’è qualità senza apporti organici
di M. Fregoni
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