La malattia fungina per antonomasia delle cucurbitacee è, senza dubbio, l’oidio, che risulta essere aggressivo sia nelle colture in campo sia in quelle in serra.
Nel corso degli ultimi anni la ricerca genetica ha messo a disposizione dei produttori agricoli varietà resistenti ai due ceppi di oidio più diffusi nei nostri areali di coltivazione delle cucurbitacee. Indubbiamente l’utilizzo di queste varietà rappresenta un primo punto di partenza per prevenire l’oidio ma, dall’altro lato, non possiamo non sottolineare che, talvolta, le varietà con rese quanti-qualitative più elevate non presentano questi caratteri della resistenza all’oidio e, perciò, la protezione delle colture con strategie integrate riveste ancora un ruolo importante nella salvaguardia delle produzioni.
La gamma di molecole a disposizione per difendere le cucurbitacee (seppure con qualche piccolo distinguo a seconda delle diverse specie) è di tutto rispetto e può contare anche su prodotti di natura biologica come Ampelomyces quisqualis; Bacillus amyloliquefaciens; bicarbonato di potassio; chito-oligo saccaridi (COS-OGA); olio essenziale di arancio dolce; Pythium oligandrum ceppo M1.
Tra le molecole di sintesi chimica menzioniamo innanzitutto lo zolfo, che è sicuramente un prodotto valido per il quale, però, non vanno dimenticate le informazioni utili per un corretto uso (non utilizzare quando le temperature sono inferiori ai 10 °C perché non è performante e quando sono superiori ai 30 °C perché diminuisce la sua selettività, soprattutto in serra).
La ricerca ha poi introdotto, circa 30-40 anni fa, gli Ibs (inibitori della biosintesi degli steroli), che oggi mostrano un certo «affaticamento» ma, in ogni caso, sono ancora utili nell’ottica di strategie di difesa che necessitano dell’alternanza di molecole con diverso meccanismo d’azione: fra questi ricordiamo difenoconazolo, fenbuconazolo, miclobutanil, penconazolo, tebuconazolo, tetraconazolo e triadimenol.
Gli analoghi delle strobilurine (azoxystrobin, kresoxim-metile, trifloxistrobin e pyraclostrobin) hanno contribuito successivamente ad arricchire il portafoglio degli antioidici delle cucurbitacee sfruttando anche la loro caratteristica di molecole con un più ampio spettro e, di fatto, contribuendo a controllare altri patogeni (peronospora e didimella tra le altre).
Molecole con meccanismo d’azione differente rispetto a quelle citate prime (e anche fra loro) sono arrivate sul mercato in tempi diversi: il bupirimate intorno agli anni 80, il quinoxyfen (molecola giunta di fatto all’ultimo anno di utilizzazione) agli inizi del 2000, meptyldinocap, cyflufenamid e metrafenone nell’ultimo decennio.
Ancora più recenti sono le registrazioni delle sostanze appartenenti al gruppo delle carbossimmidi (SDHI, inibitori della succinato deidrogenasi): fatta eccezione per boscalid, registrato circa un decennio fa, fluopyram e isopyrazam sono state registrate rispettivamente meno di quattro e due anni fa e si possono utilizzare il primo solo in serra e il secondo solo in pieno campo. A quest’ultimo gruppo delle SDHI appartiene anche fluxapyroxad, registrato l’8-3-2018 per l’uso in campo su tutte le cucurbitacee e in serra su cetrioli, cetriolini e zucchine: è in corso l’adeguamento normativo della registrazione delle altre cucurbitacee in serra (meloni, zucche e cocomeri) in seguito al processo che sta conducendo a termine la Grecia.
I programmi di strategia di difesa, quindi, devono tener conto delle condizioni climatiche predisponenti lo sviluppo del patogeno e delle caratteristiche tecniche dei diversi formulati disponibili ma, senza ombra di dubbio, non possono prescindere da un uso preventivo dei prodotti applicati contestualmente alla comparsa dei primissimi sintomi visibili.
Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 23/2019
Come difendersi dall’oidio delle cucurbitacee
di G. Bellingeri, M. Delpero, O. Grande, V. Lasorella, G. Fontaniello, G. Pizzolongo, R. Occhipinti, R. Zago, A. Guario
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