La sostanza organica svolge un ruolo fondamentale nel mantenimento della fertilità del suolo e della sua funzionalità. È il substrato di numerose e rapide reazioni chimiche, operate dai microrganismi del suolo, che portano alla sua decomposizione in anidride carbonica, acqua, macro e micronutrienti, che vengono così resi disponibili e assorbiti dalle piante.
La sostanza organica ha un’enorme influenza sulle proprietà fisiche e chimiche del suolo. Infatti la sua presenza ne migliora la struttura, riducendo il rischio di compattazione poiché favorisce l’aggregazione delle particelle di suolo, determinando un aumento della porosità e una riduzione della densità apparente.
Ciò produce un efficace ricambio di aria tellurica, riducendo la possibilità che si verifichino fenomeni di anossia, e determina una maggiore facilità di drenaggio. Un terreno ben strutturato permette, inoltre, un miglioramento della capacità di penetrazione delle radici e favorisce le condizioni ottimali per lo sviluppo della biomassa radicale.
Stabile e labile
Molteplici studi hanno mostrato come la sostanza organica sia costituita da una componente labile ed una componente stabile.
La componente labile rappresenta quella frazione di sostanza organica facilmente attaccabile dai microrganismi del suolo, dalla quale deriva il rapido rilascio di nutrienti, essendo costituita da composti organici semplici e rapidamente decomponibili, come proteine, acidi nucleici, carboidrati, cellulosa, polisaccaridi.
La componente stabile, invece, è rappresentata da composti organici resistenti all’attacco microbico, quali lignina, cere, resine, suberina, che permangono nel suolo e vanno incontro a lenti processi chimici e biologici di trasformazione, di parziale degradazione, di sintesi e di ricombinazione, andando così a integrarsi alla matrice minerale del suolo, contribuendo al miglioramento di tutte le caratteristiche chimiche e fisiche precedentemente menzionate.
Le indagini condotte
Nel 2011, presso un vigneto coltivato con Pinot bianco e Riesling renano della Fondazione E. Mach di San Michele all’Adige (TN) , è stata avviata una prova di confronto gestioni, tuttora in corso, con lo scopo di mettere a confronto il sistema di coltivazione convenzionale con sistemi alternativi, comprendenti il sovescio, nell’ottica di una complessiva valutazione agronomica, produttiva e ambientale.
I risultati e le considerazioni
La sostanza organica totale dei suoli degli interfilari oggetto di studio non è risultata incrementata o depauperata nel corso della sperimentazione.
Anche la frazione labile della sostanza organica ha mostrato valori di concentrazione pressoché stabili nel tempo e confrontabili tra le tesi, suggerendo che i composti organici contenuti in questa frazione costituiscono i substrati preferenziali dei microrganismi del suolo e pertanto vengono rapidamente mineralizzati, indipendentemente dal substrato di partenza.
La frazione stabile, che dal punto di vista funzionale corrisponde a quella maggiormente protetta dall’attività microbica e pertanto difficilmente degradabile, è risultata influenzata dal trattamento. Infatti, partendo da una situazione medesima tra i suoli degli interfilari delle tesi nel primo anno di sperimentazione, dopo sette anni la sostanza organica stabile ha subito un incremento statisticamente significativo nelle parcelle sovesciate, pari al 29%.
Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 18/2020
Più sostanza organica stabile con il sovescio nel vigneto
di R. Morelli, D. Bertoldi,D. Baldantoni, R. Zanzotti
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